George parla della morte nella letteratura e di fanfiction

Molto prima di diventare uno scrittore di best-seller, George R. R. Martin inviava le sue storie a riviste amatoriali e di racconti brevi. Galaxy’s Edge, un bimensile online che prende esempio da quelle riviste, ha pubblicato un’intervista con l’autore nel suo numero di maggio, che si può leggere gratuitamente online.

L’intervista, fatta dalla scrittrice Joy Ward, tocca vari argomenti. I commenti più interessanti di Martin riguardano il suo modo di affrontare la morte nella letteratura, ma ha parlato anche dei dettagli della sua lunga carriera di scrittore. Persino quando aveva “nove o dieci anni” pare che pensasse agli aspetti più spiacevoli del suo lavoro:

Quando ero bambino inventavo delle storie sui miei giocattoli e le scrivevo… Avevo una collezione di astronauti… Gli ho dato dei nomi e ho deciso che erano una gang di pirati dello spazio. Uno era la mente di tutte le operazioni e un altro era un tenente. Uno si occupava di torturare i prigionieri. Era un omino con un’arma strana che mi sembrava un piccolo trapano, quindi mi sono detto “Oh, questo tizio dev’essere il responsabile delle torture”, perché usava il suo trapano per fare del male alle persone.

Ha anche chiarito la sua opinione riguardo le fanfiction, che, come ha dichiarato, disapprova.

A volte ricevo delle critiche da fan che non capiscono e mi dicono: “Dici di averle scritte e ora sei contro le fanfiction.” Quello che scrivevo io non erano fanfiction come vengono intese oggi. Oggi quando la gente parla di fanfiction, intende prendere i miei personaggi o quelli di Robin Hobb o quelli di Robert Jordan o Kirk o Spock o qualsiasi personaggio di uno show televisivo o di un film e scriverci sopra delle storie. Scrivere delle storie sui personaggi di qualcun altro. Io non l’ho mai fatto e non ho mai approvato la cosa.

Ho scritto quello che ai tempi si chiamava fanfiction. Negli anni ’60 erano semplicemente storie di fantasia scritte dai fan e pubblicate sulle riviste. Erano storie originali con personaggi originali. Anche se, sì, alcune avevano un’ispirazione abbastanza chiara. Potevi leggere fra le righe e vedere che, wow, questo è Batman, anche se hanno cambiato il suo nome in Kookaburraman.

Infine, Martin ha raccontato come affronta la morte in letteratura.

Io avrei qualche idea…

Game of Thrones, e per estensione le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, sono diventati noti per la loro tendenza a uccidere anche i personaggi più importanti. È divenuto quasi il loro marchio di fabbrica, e Martin ha un’opinione piuttosto ferma a riguardo.

Penso che uno scrittore, anche uno scrittore di fantasy, abbia l’obbligo di dire la verità e la verità è che, come diciamo in Game of Thrones, tutti devono morire. Specialmente se scrivi di una guerra, che è certamente un argomento centrale in Game of Thrones… Non si può scrivere di guerra e di violenza senza che ci sia la morte. E se vuoi essere onesto, dovrebbe colpire i personaggi principali. Tutti abbiamo letto un milione di volte delle storie in cui un gruppo di eroi iniziano un’avventura, c’è l’eroe e il suo migliore amico e la sua fidanzata, e vivono delle straordinarie avventure da farsi rizzare i capelli e nessuno di loro muore. Gli unici a morire sono le comparse.

Questo è barare. Non funziona così nella vita. Gli eroi vanno in battaglia e il loro migliore amico può morire o essere ferito in modo terribile. Possono perdere una gamba o essere sorpresi inaspettatamente dalla morte.

La morte è così arbitraria. C’è sempre. Arriverà per tutti noi. Prima o poi moriremo tutti. Io morirò. Voi morirete. L’essere mortali è il cuore di tutta questa roba… Una volta che hai accettato di dover parlare di morte, allora dovresti essere onesto a riguardo ed evidenziare che può colpire chiunque in qualsiasi momento. Non ti è concesso di vivere per sempre solo perché sei un bambino adorabile o il migliore amico dell’eroe o l’eroe stesso. A volte è l’eroe a morire, almeno nei miei libri.

Amo tutti i miei personaggi, quindi è sempre difficile ucciderli, ma so che va fatto. Mi piace pensare che non sono io a ucciderli. Sono gli altri personaggi. Io me ne lavo le mani.

 

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Traduzione: Chiara
Editing: Quinn

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